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Fichi d'India

Il fico d'India (o ficodindia) (Opuntia ficus-indica  è una pianta succulenta della famiglia delle Cactaceae, originaria del Messico ma naturalizzata in tutto il bacino del Mediterraneo e nelle zone temperate di America,Africa, Asia e Oceania.

È una pianta succulenta arborescente che può raggiungere i 3-5 m di altezza.

Il fusto è composto da cladodi, comunemente denominati pale: si tratta di fusti modificati, di forma appiattita e ovaliforme, lunghi da 30 a 40 cm, larghi da 15 a 25 cm e spessi 1,5-3,0 cm, che, unendosi gli uni agli altri formano delle ramificazioni. I cladodi assicurano la fotosintesi clorofilliana, vicariando la funzione delle foglie. Sono ricoperti da una cuticola cerosa che limita la traspirazione e rappresenta una barriera contro i predatori. I cladodi basali, intorno al quarto anno di crescita, vanno incontro a lignificazione dando vita ad un vero e proprio tronco.

Le vere foglie hanno una forma conica e sono lunghe appena qualche millimetro. Appaiono sui cladodi giovani e sono effimere. Alla base delle foglie si trovano le areole (circa 150 per cladode) che sono delle ascelle modificate, tipiche delle Cactaceae.

Il tessuto meristematico dell'areola si può differenziare, secondo i casi, in spine e glochidi, ovvero può dare vita a radici avventizie, a dei nuovi cladodi o a dei fiori. Da notare che anche il ricettacolo fiorale, e dunque il frutto, è coperto da areole da cui si possono differenziare sia nuovi fiori che radici.

Le spine propriamente dette sono biancastre, sclerificate, solidamente impiantate, lunghe da 1 a 2 cm. Esistono anche varietà di Opuntia inermi, senza spine.

I glochidi sono invece sottili spine lunghe alcuni millimetri, di colore brunastro, che si staccano facilmente dalla pianta al contatto, ma essendo muniti di minuscole scaglie a forma di uncino, si impiantano solidamente nella cute e sono molto difficili da estrarre, in quanto si rompono facilmente quando si cerca di toglierle. Sono sempre presenti, anche nelle varietà inermi.

L'apparato radicale è superficiale, non supera in genere i 30 cm di profondità nel suolo, ma di contro è molto esteso.

È una pianta succulenta arborescente che può raggiungere i 3-5 m di altezza.

Il fusto è composto da cladodi, comunemente denominati pale: si tratta di fusti modificati, di forma appiattita e ovaliforme, lunghi da 30 a 40 cm, larghi da 15 a 25 cm e spessi 1,5-3,0 cm, che, unendosi gli uni agli altri formano delle ramificazioni. I cladodi assicurano la fotosintesi clorofilliana, vicariando la funzione delle foglie. Sono ricoperti da una cuticola cerosa che limita la traspirazione e rappresenta una barriera contro i predatori. I cladodi basali, intorno al quarto anno di crescita, vanno incontro a lignificazione dando vita ad un vero e proprio tronco.

Le vere foglie hanno una forma conica e sono lunghe appena qualche millimetro. Appaiono sui cladodi giovani e sono effimere. Alla base delle foglie si trovano le areole (circa 150 per cladode) che sono delle ascelle modificate, tipiche delle Cactaceae.

Il tessuto meristematico dell'areola si può differenziare, secondo i casi, in spine e glochidi, ovvero può dare vita a radiciavventizie, a dei nuovi cladodi o a dei fiori. Da notare che anche il ricettacolo fiorale, e dunque il frutto, è coperto da areole da cui si possono differenziare sia nuovi fiori che radici.

Le spine propriamente dette sono biancastre, sclerificate, solidamente impiantate, lunghe da 1 a 2 cm. Esistono anche varietà di Opuntia inermi, senza spine.

I glochidi sono invece sottili spine lunghe alcuni millimetri, di colore brunastro, che si staccano facilmente dalla pianta al contatto, ma essendo muniti di minuscole scaglie a forma di uncino, si impiantano solidamente nella cute e sono molto difficili da estrarre, in quanto si rompono facilmente quando si cerca di toglierle. Sono sempre presenti, anche nelle varietà inermi.

L'apparato radicale è superficiale, non supera in genere i 30 cm di profondità nel suolo, ma di contro è molto esteso.

I fiori sono a ovario infero e uniloculare. Il pistillo è sormontato da uno stimma multiplo. Gli stami sono molto numerosi. I sepalisono poco vistosi mentre i petali sono ben visibili e di colore giallo-arancio.

 I fiori si differenziano generalmente sui cladodi di oltre un anno di vita, più spesso sulle areole situate sulla sommità del cladode o sulla superficie più esposta al sole. All'inizio, per ogni areola, si sviluppa un unico fiore. I fiori giovani portano delle foglie effimere caratteristiche della specie. Un cladode fertile può portare sino a una trentina di fiori, ma questo numero varia considerevolmente in base alla posizione che il cladode occupa sulla pianta, alla sua esposizione e anche in base alle condizioni di nutrizione della pianta.

Il frutto è una bacca carnosa, uniloculare, con numerosi semi (polispermica), il cui peso può variare da 150 a 400 g. Deriva dall'ovario infero aderente al ricettacolofiorale. Certi autori lo considerano un falso arillo. Il colore è differente a seconda delle varietà: giallo-arancione nella varietà sulfarina, rosso porpora nella varietàsanguigna e bianco nella muscaredda. La forma è anch'essa molto variabile, non solo secondo le varietà ma anche in rapporto all'epoca di formazione: i primi frutti sono tondeggianti, quelli più tardivi hanno una forma allungata e peduncolata. Ogni frutto contiene un gran numero di semi, nell'ordine di 300 per un frutto di 160 g. Molto dolci, i frutti sono commestibili e hanno un ottimo sapore. Una volta sbucciati e privati delle punte si possono tenere in frigorifero e mangiare freddi.

Limone Zagara Bianca

Il Limone Zagara Bianca deriva dal Femminello Comune, ha la singolarità di avere fiori(zagare) di colore bianco. Il frutto è di pezzatura media di forma sferoidale-ellittica e un apice leggermente arrotondato.Può contenere dei semi.

La produzione principale si ha tra ottobre e dicembre, con una buona produzione di verdelli tra giugno e settembre e di bianchetti tra aprile e maggio. La raccolta viene effettuata manualmente. Il frutto ha un bassissimo contenuto calorico, mentre è ricco di acido citrico, acido malico, vitamina C, A e B, olii essenziali, oligoelementi e sali minerali tra cui potassio. Un solo limone è in grado di fornire il 35% del fabbisogno giornaliero di vitamina C. Il succo di limone è indicato come antisettico, diuretico, astringente, alcalinizzante, depurativo e nel trattamento di nausee, inappetenza, reumatismi e bronchiti. Viene utilizzato per la preparazione di spremute, succhi, marmellate, salse, gelati granite e sorbetti. La buccia tritata o il succo sono utilizzati come aromatizzanti in numerose pietanze, sia primi che secondi piatti di carne o pesce, che dolci. La buccia viene candita e trova largo utilizzo in pasticceria. Il limone trova impiego anche per la preparazione di bevande alcoliche come il noto Limoncello. 

Meloni Gialli

Il melone (Cucumis melo) è una pianta rampicante della famiglia delle Cucurbitaceae.

Il termine melone indica sia il frutto che la pianta stessa, a seconda dei contesti in cui viene utilizzato.

È largamente coltivata per i suoi frutti commestibili, dolci e profumati.

 

Origini

Di probabili origini africane (secondo alcuni invece dall'Asia, nell'antica Persia), nel V secolo a.C. il popolo egizio iniziò ad esportarlo nel bacino del Mediterraneo e arrivò in Italia in età cristiana, come documentato da Plinio (I secolo d.C.) nel suo libro Naturalis Historia che lo uniformò al cetriolo a forma di mela cotogna, melopepaes.

Durante l'Impero Romano il melone si diffuse rapidamente (utilizzato però come verdura, servito in insalata) tanto che al tempo dell'imperatore Diocleziano, venne emesso un apposito editto per tassare quegli esemplari di melone che superassero il peso di 200 grammi.

Alexandre Dumas scrisse “per rendere il melone digeribile, bisogna mangiarlo con pepe e sale, e berci sopra un mezzo bicchiere di Madera, o meglio di Marsala”; egli apprezzava i meloni conosciuti in Francia come Cavaillon, per la zona di produzione, e fece richiesta alla biblioteca della città di uno scambio tra le sue opere (circa 400 volumi) ed una rendita vitalizia di 12 meloni l'anno, cosa che accadde fino alla sua morte nel 1870. Fu in suo onore che venne istituita laconfraternita dei Cavalieri dei meloni di Cavaillon.

Il melone venne anticamente considerato simbolo di fecondità, forse in ragione dei numerosissimi semi, ed altresì associato al concetto di sciocco e goffo (uno stolto veniva chiamato mellone e una scemenza mellonaggine). Secondo Angelo De Gubernatis, la ragione di tale associazione è da ricercare nell'estrema fecondità di questi frutti, alla loro capacità generatrice, incontrollata, opposta alla ragione dell'intelligenza.

Altri medici del tempo li consideravano nocivi e imputarono al melone la morte di ben quattro imperatori e due pontefici. Anche il naturalista romano Castore Durante (1529-1590) nel suo Herbario nuovo del 1585 ammoniva di non abusarne perché «sminuiscono il seme genitale» e ne sconsigliava l'uso a diabetici, dispeptici e a tutti coloro che soffrono di disturbi dell'apparato digerente, promuovendo per tutti gli altri invece le virtù rinfrescanti, diuretiche e lassative.

Limoni senza semi

Origine: Ibrido triploide ottenuto dall’incrocio dell’ibrido 1952-36B-69 (Limone Femminello x Pera del commendatore) (2x) x limone doppio Lentini (4x).

Albero di medio sviluppo, con portamento espanso, presenta numerose spine di dimensioni medie. Frutto di forma ellittica, buccia a grana fine, di colore giallo a maturazione, totalmente apireno (senza semi).

Epoca di maturazione precocissima, la raccolta inizia a partire dalla prima decade di ottobre, quando la maggior parte dei frutti raggiunge il peso medio di 120 g.

Giudizio di insieme. Il Lemox®*, totalmente apireno, può essere considerato il primo ibrido con caratteristiche del frutto molto simili a quelle del vero limone. La pianta manifesta suscettibilità al "Mal secco", si sconsiglia la coltivazione nelle aree in cui l’agente patageno (Phoma tracheiphila) è presente a livelli endemici.

Arancia navel

Con il termine di arancia navel si indica in modo generico una varietà di arancia che presenta un tipico frutto gemello (detto,
appunto, navel) all'interno della buccia, localizzato al polo opposto rispetto al picciolo. Le varietà di Citrus sinensis che contengono navel sono Washington Navel, Navelina, Thompson, Navelate, Golden Buckeye.

Tale varietà di arancio è stata sviluppata presso un monastero in Brasile nel 1820 a partire da una singola mutazione. Tale mutazione dà vita ad una seconda arancia, che cresce come un gemello ma in uno spazio decisamente più ristretto. Dall'esterno, la buccia risulta avere una specie di conca, che ricorda l'ombelico (che in lingua inglese si dice appunto navel).